Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

domenica 19 ottobre 2014

La balena bianca e il pesciolino rosso

Renato Donazzon, 1940 - 2014
Caro Renato,
non ce l'abbiamo fatta, il nostro progetto di scrivere un libro a quattro mani non è diventato realtà.
Ne avevamo discusso a lungo, anche quando sembravi affaticato e parlavi più lentamente: non ti mancava mai la voglia di guardare avanti, di sfruttare le conoscenze e la tua intensa esperienza politica per inventare qualcosa di nuovo, per raccogliere la memoria, per tramandare il significato profondo di qualcosa che per te, come per tutti noi, ha significato una scelta di vita.
Guardavi con orgoglio la bella terra davanti alla tua casa, gli alberi da frutta: segno inequivocabile di un riscatto. Ricordo bene la tua vecchia casa, a Conegliano appena dopo il ponte sul Monticano: per gli operai ed i figli del popolo allora era già molto.
Questi ultimi decenni li hai trascorsi da moderno "Cincinnato", non hai rincorso gloria e potere infiniti, hai fatto però, con naturalezza, del tuo angolo stracolmo di libri e ricordi un luogo in cui tutti, prima o poi, venivano a raccontare, chiedere un consiglio, un contributo per qualche buona causa, discorrere di tutto e fare qualche bella risata.
Eri un ottimo ascoltatore ed i tuoi occhi mobilissimi e sornioni mandavano spesso segnali difficili da decifrare. Noi tutti, però, sapevamo di poterci fidare di te. Qualcuno ti aveva soprannominato (con la sapienza insuperabile dei nomignoli popolari) Volpet, piccola volpe, mettendo insieme il colore dei tuoi capelli e l'acume politico che ti aveva contraddistinto.
Il tuo sguardo e la tua voce rimarranno in tutti noi, anche ora che non ci sei più.
Hai lottato come un leone fino alla fine, perché la lotta era parte di te, perché non ti stancavi mai di parlare, girare per le Feste de l'Unità a parlare con tutti, a tenere i famosi comizi sul cassone di un camion nell'intervallo del ballo liscio, fra un valzer e una mazurka: sapevi di dovere la tua fortuna politica alle tue grandi capacità ma anche alla fiducia di tanta gente che ti amava.
Come un automa stamattina sono andata a riprendere la raccolta di Controcatena, il giornalino comunista degli anni 60 e 70 per gli operai della Zoppas - Zanussi di Conegliano. Le foto, gli articoli, la tua comunicazione del perché della candidatura al Consiglio regionale raccontano di una politica ormai antica, quasi archeologica, però vera, autentica, generosa, sempre e comunque dalla parte dei giusti.
Ora tanto di tutto quello è stato spazzato via dalla storia, dall'evoluzione del mondo e della gente, ma non è finita l'idea di stare, sempre e comunque, prima di tutto dalla parte dei più deboli. Me l'hai scritto nella dedica di uno dei tuoi libri: stare dalla parte dei più deboli. E' difficile e spesso ingrato ma siamo fatti così.
Chissà se riuscirò a scriverlo da sola, quel libro. Senza il tuo sapere guadagnato sul campo, le conoscenze maturate nell'esperienza parlamentare, nella guida delle organizzazioni sindacali di operai e artigiani, senza la tua passione nel ricercare, nel voler conoscere, sarà difficile. 
Volevamo parlare di quegli anni intensi, quelli nei quali il nostro territorio era pervaso dal potere della "balena bianca", una DC che faceva il governo e l'opposizione insieme occupando ogni spazio, anni in cui un piccolo pesciolino rosso (il PCI) riusciva comunque a parlare, lottare, conquistare credibilità e rispetto.
Credibilità e rispetto per la coerenza, la generosità, l'onestà intellettuale, la capacità di analizzare e leggere la realtà, il rifiuto dei facili compromessi, la schiena dritta e la testa alta: i dirigenti comunisti che io ho conosciuto poco più che bambina si erano conquistati tutto questo.
Per questo io, e tanti altri, vi abbiamo amati come dei padri e delle madri, per questo oggi che te ne sei andato sento tutto il vuoto che lasci e piango, ancora una volta, la partenza di una parte di me.
Ciao Renato

1 commento:

  1. Commento di Rudy Bortoluzzi
    Il ricordo di Renato è nella copertina di uno dei suoi libri, Grandi speranze Grandi delusioni, che ritrae una manifestazioni degli operai della Zoppas in centro a Conegliano.
    Nel libro vengono proposte alcune immagini che riguardano soprattutto gli operai della Zoppas che furono tra i principali protagonisti delle lotte di quel tempo.
    La Zoppas infatti era la fabbrica più grande della Provincia di Treviso, dove le contraddizioni prodotte dal cambiamento erano particolarmente acute.
    Mi piace riportare come ebbe modo di descrive quelle fotografie Renato, che fu egli stesso protagonista di quelle manifestazioni:
    […] «Si tratta di immagini che hanno un evidente valore storico e un carattere fortemente evocativo: le espressioni dei partecipanti, i cartelli, le scritte, tutto concorre a ricostruire e a evocare quale fosse l'atmosfera di forte tensione e preoccupazione, e insieme di grande speranza, che si respirava allora. I contenuti delle proteste, pronunciati con forza, intendevano esprimere senza equivoci la richiesta di importanti cambiamenti e la necessità di una giustizia sociale che per prima cosa desse a tutti un ruolo e una dignità sia come uomini che come lavoratori. Dalle immagini emerge con chiarezza anche l'aspetto unitario delle manifestazioni e, inoltre, la giovanissima età della maggior parte dei presenti: eravamo davvero poco più che dei ragazzini, nei quali era stata riposta una grande fiducia, nonché la speranza di poter cambiare la realtà lavorativa e, soprattutto, sociale. Le foto mostrano il lungo percorso dei lavoratori svolto in quei difficili anni, che hanno visto importanti conquiste sindacali su questioni aziendali, umane e sociali; allo stesso tempo esprimono anche le forti delusíoni per gli obiettivi non conseguiti. In ultima analisi, uno sguardo generale su tutti quei volti e su tutti quei simboli ci restituisce concretamente la realtà di quei momenti, che ci consente di capire quanto si sia fatto allora e quanto sia cambiata la realtà odierna» […].

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